Poggiotondo, quando “il capo” produce vini e oli d’eccellenza

di Ilaria Castodei

poggiotondo

“Il vino è la mia grande passione, ma se non ci si mette ‘il capo’ non si arriva ad un prodotto di eccellenza”. Così esordisce Lorenzo Massart, proprietario insieme alla moglie Cinzia Chiarion, dell’Azienda vitivinicola e olivicola Poggiotondo. Ubicata nel cuore del casentino, un territorio prosperoso ma poco conosciuto rispetto al vicino Chianti, l’azienda copre 54 ettari a cavallo dei comuni di Subbiano ed Arezzo e comprende tre località: Poggiotondo dal quale prende il nome, Le Rancole e Valloni.

Lui avvocato toscano e lei medico di origini venete, il puro amore per il proprio territorio (adottivo per lei) li ha portati a proseguire, parallelamente alla loro, una professione contadina già avviata dal 1850 dalla stessa famiglia Massart. I due proprietari vivono la terra secondo canoni tradizionali precisi e sono vocati, oltre alle personali attività istituzionali e contadine, anche all’arte, tant’è che entrambi dipingono. Questo estro artistico è nato per una competizione tra i due e senza dubbio si riflette nel loro lavoro anche in azienda, che è divisa proprio nelle due competenze, vino a lui e olio a lei.

I vini di Lorenzo Massart: “Il vino ha il sapore di chi lo fa”

Lorenzo MassartPer fare un ottimo vino quindi è indispensabile non solo la passione, ma è fondamentale usare la testa (“il capo” in toscano).
Lorenzo Massart, è un istrionico purista del vitigno autoctono toscano e i suoi vini lo rispecchiano completamente nel suo essere, perché sono fatti della sola storia del suo territorio, ovvero i vitigni Sangiovese e Canaiolo per due dei suoi quattro vini, Poggiotondo e Le Rancole, e Trebbiano e Malvasia per il vinsanto Poggiofresco.

Il quarto invece è un blend con un vitigno internazionale (dal quale però il Massart se ne discosta apertamente e simpaticamente). Il C66 è stato infatti fortemente voluto e prodotto dalla moglie, dalla quale prende l’iniziale e l’anno di nascita. Cinzia ha voluto effettuare una piccola incursione/provocazione nel mondo del marito (definito da lei un integralista del Sangiovese) e sperimentare in una proporzione di 90% Sangiovese e 10% Merlot, un vino con un gusto più morbido e rotondo, che ama definire lei stessa “il vino di una donna per le donne” ; visto il suo grande successo a Lorenzo è toccato fare ironicamente “spallucce”. Ma nonostante questo per lui rimane fermo il concetto che in “Toscana si deve fare il Sangiovese. Punto”.

Si definisce per natura competitivo e dichiara di fare vino non solo per passione ma per dimostrare di riuscire a realizzare il miglior vino del mondo pur non essendo competente in materia. Ma con quali mezzi? “Ovvio, con il capo”- ha risposto Massart- “usando la testa dell’avvocato nella produzione del vino sono riuscito ad arrivare a livelli molto alti di qualità, e me ne rendo conto leggendo le varie guide nelle quali siamo sempre menzionati. Per me l’enologo, che in azienda è Luciano Bandini, è un’utile figura che chiamo all’occorrenza; ma il sapore dei miei vini lo decido io, perché deve rispecchiare me e la mia azienda. Il vino deve avere il sapore di chi lo fa!”.

uvaFiore all’occhiello, però, della produzione vitivinicola è il vinsanto, tipicità eccelsa dell’enologia toscana e del quale i due proprietari ne vanno estremamente fieri. Un prodotto leggermente più abboccato rispetto al solito vinsanto toscano. E’ stato definito dalla letteratura di settore “ad un passo dall’eccellenza”.

La produzione vitivinicola conta, fra Le Rancole e Poggiotondo circa 8000 bottiglie l’anno, mentre di C66 e Poggiofresco è limitata a poco più di 1200 bottiglie. Le destinazioni di vendita sono italiane e per lo più regionali. Non c’è export dei vini di Poggiotondo per una precisa decisione aziendale:  “Secondo me l’impresa più ardua non è vendere a New York ma è piacere ed essere apprezzati sul proprio territorio” conclude Lorenzo.
Nella storia del territorio del Casentino, un primato di Massart è l’aver portato nella zona la prima produzione di vino imbottigliato, che prima del 2003 non esisteva, perché considerato un territorio non vocato a tale fine.

Gli oli di Cinzia Chiarion: “L’olio deve avere il suo giusto rilievo”

Cinzia ChiarionPoggiotondo è anche olio extravergine di oliva di altissima qualità ed è Cinzia che ama occuparsi di questo aspetto, nonostante le sue origini la discostino molto dall’alimento e la sua coltivazione. La grande particolarità della produzione oleicola è che l’azienda ne produce ben due tipologie e non è affatto cosa scontata, perché tante sono le aziende che fanno tanti vini ma sempre e solo un unico tipo di olio.

L’azienda conta circa 800 olivi che hanno oltre 50 anni. Tre le cultivar: leccino, moraiolo e pendolino. A nord della tenuta Poggiotondo, si coltiva il moraiolo per un olio dalle note prevalentemente amare e piccanti, mentre a sud vi sono il leccino, il pendolino e altro moraiolo per un olio dal gusto più fruttato e armonico. Cinzia, credendo molto nel monocultivar, ha voluto distinguere così i due oli cercando di accontentare gran parte dell’utenza: “come il vino anche l’olio ha le sue peculiarità ma è un prodotto altrettanto delicato”- commenta.

Affiancata dall’oleologo Giorgio Pannelli, cura con attenzione tutte le fasi della coltivazione degli ulivi, dalla potatura che avviene a febbraio, alla concimazione subito dopo (prevalentemente organica), fino alla raccolta ad ottobre che avviene per brucatura agevolata e manuale. In caso di bisogno vengono effettuati 1/3 di trattamenti all’anno (a maggio e a settembre).

Come i vini di Lorenzo anche i due oli in commercio prendono il nome dai territori su cui poggia l’azienda, a significare il grande amore dei due produttori verso la loro terra, e sono: Le Rancole, il monocultivar, e il Valloni, il blend.
Dettaglio non indifferente che contraddistingue la produzione di Poggiotondo è la filosofia che gira intorno al packaging dell’olio, che è distribuito in tre diversi formati: il 50 ml, il 25 ml e l’insolito (ma anche questo “fatto con il capo”) 10 ml.

La piccola bottiglietta infatti è stata pensata fondamentalmente per la ristorazione: è risaputo come, oltre alla luce e alla temperatura, il nemico numero uno del buon olio sia l’ossigeno, quindi l’utilizzo di un piccolo formato aiuta a preservare l’organoletticità del prodotto e a dosarlo con più consapevolezza.

L’ossidazione infatti distrugge proprio i polifenoli ovvero le sostanze benefiche dell’olio. E proprio a proposito di questo argomento Cinzia, essendo medico, oltre ad occuparsi della produzione di olio, si impegna anche nella divulgazione della sua tradizionale cultura, nonché del suo aspetto salutare; attraverso un apposito sito da lei ideato, www.olioesalute.it, con l’aiuto di alcuni amici esperti nei vari settori, la Chiarion si è prefissata l’obiettivo di approfondire e chiarire il rapporto tra l’olio extravergine di oliva e le varie malattie dell’organismo. “E’ fondamentale che le persone acquisiscano la mentalità che l’olio è un alimento importante come il vino e deve avere la giusta competenza e rilievo”.

Lorenzo e Cinzia gestiscono una bellissima realtà in un territorio tutto da scoprire; la loro azienda è fatta anche di rispetto per gli animali, hanno infatti degli asinelli che trattano come dei veri e propri figli: “Gli asinelli saranno i nostri eredi” scherzano entrambi.

www.poggiotondo.it

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