Firenze, dal fango al vino: la storia di Enzo Papi e la rinascita della Val di Cecina

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La devastante alluvione che colpì Firenze il 4 novembre 1966 segnò un momento cruciale nella storia della città e nel cuore di molti che accorsero per aiutare. Tra questi c’era Enzo Papi, un protagonista che, dopo aver lavorato nella storica Fiat di Torino, tornò nella sua Toscana per dare vita a un progetto imprenditoriale nel settore vinicolo, riscrivendo la sua storia e quella del territorio insieme a sua moglie, Amineh Pakravan.

L’alluvione del 1966 e la nascita di un amore

La devastazione di Firenze

Firenze, nel dicembre del 1966, si presentava come un paesaggio desolante e coperto da uno strato di fango. Le strade erano buie, senza illuminazione pubblica, e solo le luci di emergenza, fornite dai gruppi elettrogeni militari, rischiaravano parzialmente il cammino. In questo contesto, un gruppo di studenti dell’Università di Pisa, tra cui Enzo Papi, si mise all’opera per rimuovere il fango e salvare opere d’arte e libri antichi. Lavorando nella fabbrica di tabacchi di Montevarchi, Papi ricorda momenti significativi di quel periodo e la fatica di recuperare i documenti danneggiati.

Incontro tra destini

Durante quell’emergenza, Enzo conobbe Amineh Pakravan, una giovane studentessa iraniana che si trovava a Firenze per la sua ricerca sul Chianti. Seduti insieme su un camion militare, tra il freddo e il fango, i due iniziarono a comunicare con sorrisi e gesti, instaurando subito un legame speciale. Il loro incontro avvenne in un momento di grande fragilità, un’occasione che si rivelò cruciale per la loro vita. Nel 1969, dopo tre anni di affetto e collaborazione, il matrimonio tra Enzo e Amineh segnò l’inizio di un progetto di vita condiviso.

Rinascita in Val di Cecina

L’imprenditoria vinicola

Dopo il matrimonio, Enzo e Amineh decisero di stabilirsi nella tenuta ricavata dalle terre di famiglia a Riparbella, in provincia di Pisa. Qui, attraverso un’attenta integrazione tra la tradizione agricola e le necessità moderne, avviarono un’impresa vinicola che porta ora il loro cognome e quello di Amineh. Enzo racconta l’importanza di mantenere l’estetica e l’armonia del paesaggio toscano, incorporando vigne e uliveti senza snaturare la bellezza naturale del territorio.

L’arte della viticoltura

Papi considera la produzione di vino come una forma d’arte, paragonabile al lavoro di un pittore. La sua azienda ha un approccio che combina innovazione tecnologica con pratiche sostenibili, utilizzando un metodo razionale per massimizzare le risorse e rispettare l’ambiente. La tenuta Pakravan Papi, che si estende su 90 ettari, è caratterizzata da vigneti, uliveti e spazi di macchia, tutti gestiti con un’attenzione scrupolosa ai dettagli.

Un impegno per il territorio

Solidarietà in tempi difficili

La famiglia Papi ha rinnovato il proprio impegno verso il territorio, specialmente dopo l’alluvione che ha colpito Cecina il 25 ottobre scorso. Leopoldo e Chiara Papi, i figli di Enzo e Amineh, hanno preso le redini dell’azienda, continuando a promuovere la qualità dei vini e l’ospitalità. Il loro lavoro è caratterizzato dalla volontà di rispettare il paesaggio toscano, adottando pratiche che uniscono tradizione e innovazione.

Sostenibilità e innovazione

Un focus centrale della tenuta è la lotta ai cambiamenti climatici. I Papi hanno implementato energia rinnovabile, utilizzando caldaie alimentate dalle potature delle vigne. Il sistema fotovoltaico installato copre gran parte del fabbisogno energetico della cantina, mentre le acque piovane sono recuperate per ridurre il consumo di acqua potabile. Questo approccio non solo è responsabile, ma rappresenta anche un passo significativo verso un futuro agricolo più sostenibile.

Con la sua storia, Enzo Papi incarna la resilienza e la capacità di trasformare la tragedia in opportunità, continuando a dare vita alla bellezza della Toscana attraverso la viticoltura.