Il coriandolo nell’arte culinaria italiana: un viaggio tra storia e declino

Il coriandolo nell'arte culinaria italiana: Un viaggio tra storia e declino - Gaeta.it

Una breve introduzione per contestualizzare l’articolo: Il coriandolo, benché spesso considerato un ingrediente esotico nelle tradizioni culinarie italiane, ha una storia affascinante e radici profonde che risalgono all’antichità. Attraverso i secoli, la sua popolarità è cambiata notevolmente, passando da essere un elemento centrale della cucina romana a essere quasi dimenticato nella gastronomia moderna.

Origini storiche del coriandolo

Il coriandolo ha origini antichissime, con tracce della sua presenza che si estendono tra Europa, Asia e Nord Africa. Durante l’Impero Romano, questa pianta era ampiamente coltivata localmente e importata dall’Egitto, che vantava una produzione abbondante. Plinio il Vecchio, celebre autore romano del I secolo d.C., descriveva il diffuso utilizzo del coriandolo nell’antico Egitto romano, sottolineando una lunga tradizione culinaria. I romani lo impiegavano sia come semi che come foglie per insaporire varie pietanze, conferendogli un ruolo cruciale nell’arte culinaria dell’epoca.

Declino del coriandolo nel corso dei secoli

Con la caduta dell’Impero Romano, il coriandolo iniziò a perdere gradualmente la sua popolarità. Cambiamenti culturali e gastronomici contribuirono a questo declino. Le popolazioni germaniche, con gusti culinari diversi, preferivano spezie come la cannella e il cardamomo, considerate simboli di prestigio e ricchezza. Queste preferenze influenzarono anche l’alta società medievale, portando alla progressiva marginalizzazione del coriandolo. Nel Rinascimento, nuovi canoni gastronomici e gusti culinari esclusero sempre più questa pianta dalle cucine italiane.

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Il coriandolo nel Rinascimento e oltre

Durante il Rinascimento, il coriandolo perse definitivamente terreno nelle cucine italiane. Autori rinascimentali come Pietro Andrea Mattioli descrivevano le foglie di coriandolo con connotazioni negative, associandole all’odore sgradevole delle cimici. Ciò contribuì alla sua esclusione dalle ricette dell’epoca, che privilegiavano erbe e spezie considerate più nobili e raffinate. Nel XIX secolo, durante la definizione dell’identità culinaria nazionale italiana, il coriandolo era già stato relegato a un ruolo marginale, con scarsa presenza nella cucina contemporanea.

Un ingrediente dimenticato in cerca di rivalutazione

Al giorno d’oggi, il coriandolo è generalmente considerato un ingrediente straniero nella cucina italiana, lontano dalle sue tradizioni gastronomiche. Questo fenomeno riflette la naturale oscillazione della popolarità degli ingredienti nella storia culinaria. La storica della cucina Karima Moyer-Nocchi mette in evidenza come, nonostante fosse una componente essenziale nella cucina romana, il coriandolo ora sia caduto nell’oblio.

L’accettazione di ingredienti esotici nella cucina italiana evolva con il tempo. Ad esempio, il basilico, oggi simbolo della cucina italiana, ha origini asiatiche e ha trovato spazio solo recentemente nelle tradizioni culinarie del paese. Questo scenario suggerisce che gli ingredienti possono rapidamente trasformarsi in emblemi di identità culturale. Le attuali tendenze culinarie, incentrate sul recupero di ingredienti storici, potrebbero portare a una rivalutazione del coriandolo, riportandolo così al suo posto nell’arte culinaria italiana.

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