In Veneto diminuisce la coltivazione della soia a favore del mais

La coltivazione della soia in Veneto affronta sfide climatiche e carenza di semi, spingendo gli agricoltori a considerare il mais come alternativa per il 2025.

La coltivazione della soia in Veneto, principale regione produttrice in Italia, sta affrontando sfide significative nel 2025. La sindrome dello stelo verde, un fenomeno legato ai cambiamenti climatici, insieme alla carenza di semi, sta portando molti agricoltori a riconsiderare le proprie scelte agricole, optando quest’anno per la semina del mais. A evidenziarlo è una nota di Confagricoltura Veneto.

Le difficoltà della soia in veneto

Paolo Baretta, presidente della sezione dedicata alle proteoleaginose dell’associazione, ha descritto come il fenomeno del “mal verde” si sia intensificato negli ultimi anni. Questo termine, utilizzato dai produttori, si riferisce alla condizione in cui le piante di soia mantengono le foglie verdi a causa della siccità, un meccanismo di difesa contro lo stress climatico che impedisce la formazione dei baccelli. Nel 2024, le perdite per gli agricoltori sono state drammatiche, raggiungendo il 40%. Baretta ha suggerito che la seconda semina, prevista per il mese di giugno dopo la raccolta di frumento e colza, potrebbe ridurre i rischi. Gli agricoltori stanno quindi considerando di posticipare la semina, nella speranza che l’innovazione porti sementi più resistenti, come già avviene in Sudamerica.

Statistiche sulla superficie coltivata

Nel 2025, la superficie dedicata alla soia in Veneto continua a diminuire, con un calo annuale del 10%, attestandosi intorno ai 120.000 ettari, secondo i dati forniti da Veneto Agricoltura. Le province di Padova, Venezia e Rovigo rappresentano il cuore della produzione, coprendo circa il 70% della superficie regionale. Anche i prezzi della soia sono in discesa, e la competizione commerciale, in particolare la “guerra” dei dazi, potrebbe spingere la Cina a importare soia dall’Europa piuttosto che dagli Stati Uniti.

Altre coltivazioni e opportunità

Per quanto riguarda le altre proteoleaginose, Baretta ha menzionato che la colza ha vissuto un periodo di crescita, ma le condizioni climatiche variabili, con piogge abbondanti e sbalzi di temperatura, rendono la coltivazione incerta. Anche il pisello proteico presenta sfide simili. Tuttavia, il girasole potrebbe rappresentare un’opportunità, sebbene la mancanza di strutture di trasformazione in Veneto complichi la situazione.

Il mais come alternativa

Nel Basso Padovano, nel Veneziano e in Polesine, gli agricoltori stanno già seminando il mais, con una crescente richiesta di trinciato per la produzione di energia da biogas e di granella per l’alimentazione bovina. Il mais bianco, utilizzato per la produzione di farina di polenta, olio e pasta, sta ottenendo un buon mercato.

Il Veneto si conferma come il primo produttore di mais in Italia, nonostante un calo del 50% della superficie coltivata negli ultimi vent’anni, in linea con altre regioni come Lombardia e Piemonte. Nella scorsa stagione, la superficie investita in mais ha superato i 120.000 ettari, con Venezia, Padova, Rovigo e Verona che insieme rappresentano il 70% della superficie totale dedicata a questa coltura.