Vino: Orzan segnala stagnazione del mercato cinese e euro forte sul renminbi

Il mercato vinicolo cinese è in stallo dal novembre 2024, con cali nel consumo e nelle vendite, influenzato dalla svalutazione del renminbi e dalla crisi interna.

Non solo gli Stati Uniti, con la loro fluttuante politica dei dazi, stanno creando preoccupazioni nel settore vinicolo, ma anche la Cina sta vivendo un momento di stallo significativo. A confermare questa situazione è David Orzan, un professionista goriziano con vent’anni di esperienza nel mercato cinese, attualmente residente a Shanghai. Orzan lavora come broker, export manager e consulente commerciale, concentrandosi principalmente sull’industria vinicola e sull’agroalimentare.

Situazione del mercato cinese del vino

Il mercato cinese del vino, secondo Orzan, è in una fase di stasi dal novembre 2024. “C’è la sensazione che gli operatori stiano attendendo un cambiamento, ma non si comprende quale”, spiega, evidenziando un calo nel consumo e nelle vendite. Anche l’importante evento annuale di Vinitaly ha rispecchiato questa tendenza negativa. “A novembre avevo fissato incontri con diversi operatori cinesi, ma nessuno si è presentato. Era prevista una partecipazione numerosa dalla Cina, e invece non è venuto nessuno”. Anche le visite commerciali programmate nel goriziano, nella zona del Collio, si sono rivelate infruttuose. Orzan attribuisce questa situazione non tanto ai dazi, ma piuttosto alla svalutazione del renminbi rispetto all’euro.

Impatto del Covid-19 e crisi interna

Questa battuta d’arresto nel mercato vinicolo segue l’impatto del Covid-19, che ha portato a una “scrematura” nel settore e a una maggiore attenzione alla qualità rispetto al prezzo. Orzan, che attualmente collabora con cantine friulane, slovene, irpine e venete interessate a entrare nel mercato cinese, sottolinea che la Cina sta attraversando una crisi interna, con una diminuzione degli investimenti in questo ambito. Tuttavia, l’interesse dei cinesi per il porto di Trieste rimane invariato. “Hanno investito molto in Ungheria, dove hanno aperto numerose fabbriche manifatturiere. Non è un caso che la Bank of China abbia filiali solo in Ungheria, mentre altrove possiede solo uffici commerciali”. Inoltre, nel Paese di Orbán, i cinesi stanno costruendo la prima università cinese al di fuori della Cina, e il porto di riferimento per l’Ungheria è Trieste.