E butteglie ‘e pummarole
Le conserve di pomodoro, erano le provviste che le famiglie producevano ad Agosto (il tempo migliore della maturità del pomodoro) per consumarle durante il periodo invernale.
Le conserve impegnavano intere famiglie, quasi una festa solidale che cominciava qualche giorno prima, e terminava il giorno dopo la bollitura, una volta raffreddate si ritiravano da quello che era chiamato il bidone “de pummarole” e conservate nelle cantinole.
La bottiglia di pomodoro con la sua tradizione sta lentamente scemando e andando nel dimenticatoio, infatti si contano sempre meno i clan familiari che le producono. Le industrie ci semplificano la vita ma annientano le tradizioni; però, se raccontate, vivranno nel ricordo.
Il vero trionfo di queste conserve avveniva quando nel periodo invernale, cioè dopo mesi dall’imbottigliamento, all’apertura di una bottiglia, il profumo intenso del pomodoro e del basilico fuoriuscivano esordendo in maniera vincente.
- Le bottiglie di vetro venivano conservate durante tutto l’anno, si usavano quelle dei succhi di frutta, della birra, delle bottiglie di vino, della gassosa, queste si lavavano il giorno prima dell’imbottigliamento con uno scopino che si infilava attraverso il collo della bottiglia e si strofina fino al fondo, una volta sciacquate bene venivano capovolte per farle asciugare.
- I pomodori erano scelti tra le cassette migliori (solitamente i San Marzano ma dipendeva molto anche dalle zone) venivano lavati accuratamente in grosse bacinelle e scartati quelli macchiati e ammaccati.
Come fare
Le pacchetelle
Per le pacchetelle o pomodori con le pellecchie, Si tagliano i San Marzano a spicchi e si infilano nella bottiglia, poi qualche foglia di basilico e ancora spicchi di pomodoro. Con il manico della cucchiarella (cucchiaio di legno) si spingono giù verso il fondo ammassandoli bene.
Si completa con la chiusura con tappi di metallo con l’apposita macchinetta o con tappi di sughero legati con lo spago.
La passata di pomodoro
Per la passata di pomodoro, si può fare in due modi, il primo direttamente a crudo, il secondo metodo era nel dare una bollita ai pomodori che poi venivano messi ad asciugare su un telo. Si passavano al passaverdura, (poi dopo sono nate le macchinette elettriche), e la polpa sempre profumate con le foglie di basilico si versava nelle bottiglie e poi chiuse ermeticamente.
Sul bruciatore saliva il bidone (a cavurara) e in esso, sul fondo, si posizionavano stracci o coperte per evitare che le bottiglie fossero troppo vicino al calore, si coricavano sopra il loro letto facendo in modo che fossero ben strette tra loro, lo strato che gli succedeva era anch’esso intervallato dal letto di stracci o coperte, tutta questa premura era per evitare che le bottiglie durante il bollore si muovessero e si scontrassero con la conseguente rottura.
La cottura è almeno1 ora, una volta spento il fuoco, si aspetta il giorno dopo per ritirale dal bidone e conservarle.
Ciro Salatiello è nato a Calvizzano, un paesino a Nord di Napoli, ha frequentato l’istituto alberghiero di Formia. Le sue esperienze migliori si riassumono nella pubblicazione di tre libri: “In cucina con Ciro Salatiello”, scritto in collaborazione con i medici sociali del Calcio Napoli, “Gli ingredienti di una vita”, la scoperta della storia che si cela dietro antiche ricette e documenti storici inediti, e “La cucina napoletana”, in cui dedica un capitolo al suo prodotto, il Kepurp, alternativa italiana al Kebab. Ha partecipato a programmi televisivi nazionali e ad una rubrica gastronomica radiofonica, “Le ricette dei Campioni”.