La Pasqua a tavola è con la Pastiera Napoletana

Pastiera Pastiera

Cucina e Sapori -Così buona e così tipica della tradizione culinaria partenopea tanto che la pastiera napoletana ha già ottenuto il riconoscimento di PAT- prodotto agroalimentare tradizionale. E’ uno di quei dolci che una volta messo in forno inebriano l’intera casa di un invitante e avvolgente profumo al quale si associano storie e leggende delle sue antiche origini. E’ una torta dall’involucro di pasta frolla che accomuna ricotta , uova, aromi e grano cotto, con una (non) causale copertura di listarelle (losanghe o gelosie) di frolla. Si inizia a preparare per tradizione il giovedì santo fino a tutto il sabato santo per poi essere gustata il giorno della Pasqua di Gloria e di Resurrezione, la seconda Pasqua dell’anno. Non tutti sanno infatti che in realtà la pastiera è un dolce tipico delle tre Pasque annuali della religione cattolica:  si prepara già dalla prima Pasqua dell’Epifania ( preannuncio della Pasqua) fino  alla terza e ultima Pasqua delle Rose ovvero la Pentecoste, ricorrente 50 giorni dopo Pasqua  (chiamata così per via dell’antica tradizione italiana di far scendere dalle volte delle chiese petali di rose sui fedeli,  rappresentazione della discesa dello Spirito Santo sugli apostoli).

Ma perché la Pastiera Napoletana a Pasqua?

Perché la pastiera  con i suoi ingredienti simboleggia il rinnovarsi della vita: la ricotta bianca ė simbolo di purezza, l’uovo simbolo di rinascita, il grano da cui si ricava la farina e con essa si prepara il pane, il cibo che richiama l’Eucarestia, e infine, la forma delle croci  di pasta frolla sulla superficie a simboleggiare la passione di Cristo. Inoltre con il suo sapore armonico e fresco e i suoi aromi fruttati porta subito alla mente l’imminente primavera, da sempre la stagione del rinnovamento.

C’è da dire però che anche se simbolo della Pasqua, e come molto spesso accade per tanti dolci della tradizione religiosa, la pastiera ormai è presente tutto l’anno nelle migliori pasticcerie napoletane e italiane o in ogni evento familiare, visto che in commercio gli ingredienti sono facilmente reperibili, persino il grano cotto che oggi si trova sui banchi del supermercato già inscatolato con e senza latte.

Le leggende sulle origini della Pastiera

Sono tantissime le storie che si avvicendano sulla nascita e le origini della pastiera. Partendo dalle più antiche, leggenda fantasiosa vuole che la sirena Partenope, emblema di Napoli, allietasse la popolazione del golfo emergendo dalle acque e deliziando le genti con melodiosi canti di gioia e d’amore. Gli abitanti affascinati da tanta bellezza e armonia decisero di ringraziarla facendole portare dalle fanciulle più belle dei villaggi i doni più preziosi della loro terra ovvero, farina, grano, ricotta, uova, zucchero, acqua di fiori d’arancio e spezie. La sirena prese i doni e li offrì a sua volta agli dei i quali mescolandoli formarono la prima Pastiera che poteva uguagliare la dolcezza dei canti della sirena.

Ancora una leggenda coinvolge il mare e gli uomini: si narra che quattro pescatori in balia di una tremenda tempesta marina rimasero a bordo della loro imbarcazione miracolosamente indenni per un giorno e una notte intera. Le loro mogli dalla terra decisero di omaggiare il mare donando alle sue onde una cesta con  gli stessi doni della terra  in modo che proteggesse i loro mariti facendoli ritornare sani e salvi. Con grande stupore una volta a terra i pescatori poterono raccontare che sopravvissero grazie alla “Pasta di Ieri” , una miscellanea di farina, ricotta, uova, grano e aromi creata dai movimenti marini. Ecco perché la pastiera oggi è anche il simbolo di rinascita.

Arrivando alle storie più credibili, si racconta con più fermezza che la pastiera sia stata ideata e per secoli preparata, modificata e perfezionata dalle suore di clausura del convento di San Gregorio Armeno e dei Monasteri del centro di Napoli. Ancora oggi nella città si narra che nel periodo in cui veniva preparata questa torta i vicoli e le strade del centro storico si riempivano di un inebriante e avvolgente profumo che attirava tantissime persone.

Origini letterarie della ricetta

Pare che il primo libro a riportare la ricetta di una simil-pastiera fu  Lo scalco alla moderna scritto da Antonio Latini nel 1693 a Napoli. Si trattava di una torta a metà tra il rustico e il dolce in cui, oltre a grano e ricotta, erano previsti il formaggio grattato, pepe, sale, pistacchi in acqua rosa muschiata, latte di pistacchi, tutto in pasta di marzapane aromatizzata. Più tardi, nel 1837, fu Ippolito Cavalcanti a pubblicare la ricetta più aderente a quella che tutti conosciamo oggi nel suo Cusina casarinola all’uso nuosto napolitano, un compendio della gastronomia popolare di Napoli inserito nella prima edizione del suo trattato didattico Cucina teorico-pratica, facendo anche riferimento all’antica versione “rustica”.

 

La tradizionale ricetta della Pastiera Napoletana

Preparare la pastiera napoletana significa avere un po’ di pazienza  perché questo tipico dolce deve riposare in delle fasi ben precise e, come si sa,  più riposa e più sarà buono. Deve riposare anche dopo sfornato, non è infatti un piatto da servire caldo; in molti sanno che se fatto il giorno prima e riposa una notte intera è anche più gustoso e gli aromi si sono ben amalgamati insieme. Anche se poco estetico si consiglia di non sformare la torta e tagliare le fette nel suo stesso stampo in modo da non rischiare di sbriciolarla. Ma passiamo ai fatti:

Ingredienti

Per la pasta frolla

  • 200 g Farina
  • 40 g Burro
  • 40 g Strutto
  • 80 g Zucchero
  • 40 g Acqua
  • Sale q.b.

1 stampo classico da pastiera

 

Per il ripieno

  • 250 g Ricotta di pecora
  • 220 g Zucchero
  • 250 g Grano cotto
  • 100 g tra arancia e cedro canditi in cubetti
  • 1 Uovo
  • Sale q.b.
  • 3 gocce di Aroma (o acqua) ai fiori d’arancio

Procedimento:

Si inizia dalla frolla: si può procedere a mano o aiutandosi con una impastatrice, inserire il burro e farlo ammorbidire. Aggiungere lo strutto e lo zucchero con un pizzico di sale e mescolare ancora con un po’ di acqua, dopo qualche minuto versare anche il resto dell’acqua. Aggiungere ora la farina e amalgamare per pochissimo tempo. Togliere la pasta dal boccale e stenderla  tra due fogli di carta da forno e lasciarla riposare in frigorifero per un’ora, in modo che il burro e lo strutto si possano  solidificare.

Passando alla crema: setacciare con un colino la ricotta con molta cura e pazienza e aggiungere  lo zucchero. Montare il tutto in planetaria o con un frullino. Incorporare quindi l’uovo e un pizzico di sale. A questo punto si può incorporare il grano, ma attenzione: si può utilizzare  quello cotto e già pronto che si trova al supermercato oppure bisognerà comprare il grano secco, cuocerlo con il latte il giorno prima e aromatizzarlo. Unire al composto l’essenza di fiori d’arancio facendola incorporare per bene e infine i canditi. Ritornando alla frolla, dopo il riposo in frigo, stenderla all’interno dello stampo da pastiera, imburrato e infarinato, bucherellare il fondo con i rebbi di una forchetta, versare la crema preparata e con l’eccesso di frolla formare delle losanghe da adagiare e incrociare in superficie a chiusura del dolce.  Mettere in forno a 200 gradi per 30-40 minuti, si potrà notare che la pastiera piano piano tenderà a gonfiarsi ma poi con la stessa tempistica si sgonfierà prima di fine cottura. Sfornare e aspettare  almeno qualche ora prima di servire.

Curiosità sulla Pastiera Napoletana

• Curiosa è la vicenda della pastiera e la “regina che non sorride mai” appellativo dato a Maria Teresa d’Asburgo-Teschen, seconda moglie di re Ferdinando II di Borbone. Si racconta che un giorno la regina finalmente accontentò il marito assaggiando una piccola fetta di pastiera napoletana e il suo volto immediatamente si illuminò con un grande sorriso. Vedendola per la prima volta gioire, il consorte disse: “per far sorridere mia moglie ci voleva la Pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo”. Il sorriso della Regina diede vita ad una famosa affermazione napoletana, “magnatell’na risata”, che viene rivolta a chi non sorride così facilmente.
• Da qualche anno a questa parte è venuta fuori una interessante usanza secondo la quale le losanghe adagiate in superficie alla pastiera debbano essere in numero di sette, ovvero a rappresentare i tre decumani (plateiai) che intersecano quattro vie minori (stenopoi), o cardi, di Napoli. Una vera e propria dedica geografica alla città patria di questo dolce. L’intreccio di queste losanghe forma la caratteristica scacchiera napoletana a significare la rappresentazione simbolica del Cosmo.

• Nel resto d’Italia con il termine pastiera intendiamo solo e soltanto questo buonissimo dolce, ma in Campania invece la parola pastiera si riferisce più in generale a piatti, dolci o salati, confezionati amalgamando in frittura uova e salumi con pasta (di solito spaghetti o vermicelli), arricchiti con spezie come pepe e cannella.

• I vini più adatti come abbinamento per concordanza con la pastiera sono senza dubbio i vini dolci o liquorosi. La pastiera è un composto strutturato, pocco ziccherato con una buona quantità di grassezza, quindi un vino che si equilibra con una percentuale corposa di alcool, una buona freschezza e persistenza può risultare più gradevole, come ad esempio il Lacryma Christi, il Passito di pantelleria o il Marsala.

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